Pietro De Nova e la vera identità di Evaristo: parla la new entry di Call my agent Italia 2
Abbiamo intervistato Pietro De Nova, new entry della seconda stagione di Call my agent – Italia nei panni di Evaristo
Intervista a Pietro De Nova
Prosegue in prima tv su Sky e in streaming su NowTV il cammino di Call my agent – Italia. Tra le new entry più interessanti della seconda stagione dello show, insignito lo scorso anno del prestigioso Super Ciak D’Oro delle serie, c’è Pietro De Nova.
Entra nel nostro gruppo WhatsApp per esser sempre aggiornato su serie tv e cinemaL’attore di origine svizzera entra nello strampalato team della CMA nei panni di Evaristo. In apparenza timido e impacciato assistente di Gabriele Muccino, l’occhialuto nuovo ingresso dell’agenzia nasconde in realtà un segreto che viene rivelato solo al termine della seconda puntata. Evaristo è infatti il nuovo azionista della società che, all’oscuro degli altri soci, ha acquistato le quote di Claudio Maiorana.
La sua visione aziendalista e fortemente efficientista si scontrerà con il modus operandi degli storici agenti della CMA, molto più creativo e poco lineare. Un vero e proprio scontro generazionale che rende ancora più pepata e frizzante la serie che racconta con ironia (e autoironia) il dietro le quinte del mondo dello spettacolo. Dopo averlo beccato nel corso della conferenza stampa di presentazione, abbiamo incontrato nuovamente Pietro De Nova per conoscere meglio la sua storia e quella del suo personaggio.
Tra i maestri conosciuti sul set e giornate divise tra set e libri universitari, ecco cosa ci ha raccontato.
D: Cosa ti ha colpito in particolare di Evaristo, il tuo personaggio, la prima volta che hai letto il copione?
R: Mi ha colpito sicuramente quello che in gergo si definisce il ‘turning point’ della seconda puntata. L’ingresso di Evaristo in agenzia è stato molto in sordina e con i piedi di piombo. Il pregio della sceneggiatura è stato quello di riuscire a costruire un personaggio che spiazza. Evaristo rappresenta la Gen Z, una generazione che ha un ragionamento molto più rapido e veloce degli agenti storici della CMA, che hanno invece una mentalità più classica e un linguaggio diverso. Di Evaristo mi ha colpito l’effetto deflagrante che produce all’interno dell’agenzia.
D: Il secondo episodio ci lascia con un plot twist che ci presenta una versione inaspettata di Evaristo. Ci sarà un’evoluzione, anche caratteriale, nel tuo personaggio?
R: Sì, evolverà. Ci si aspetta che Evaristo sia un antagonista ma in realtà è un personaggio con delle ragioni molto solide che porta avanti con una pacatezza e con un rigore logico che spiazzano gli agenti. Il suo modo di ragionare è assolutamente aziendalista ed efficientista. Questo manda in corto circuito il carattere più freestyle della CMA, abituata a lavorare in modo più rocambolesco e creativo. Evaristo avrà un’evoluzione a partire soprattutto dalla terza puntata. Cercherà di portare un rigore e un’efficienza nell’agenzia che manda in crisi tutti. Non sarà mai gratuitamente cinico o cattivo. Gli sceneggiatori hanno costruito per lui un ruolo che va sempre più a integrarsi all’interno dell’agenzia, fino a farlo diventare un pilastro importante.
D: Quale Evaristo ti è più vicino come carattere? Quello timido delle prime puntate o quello più solido e sicuro di sé?
R: Forse quello più sfacciato. Nell’Evaristo timido riconosco una parte di me del passato, di quando ero al liceo e ho vissuto delle situazioni di sottovalutazione. Mi sono divertito tantissimo nel raccontare la sfacciataggine di chi ti dice le cose in maniera diretta in faccia e va dritto al punto in modo efficace e diretto.
D: Un’esperienza nell’esperienza per te. Evaristo nelle prime puntate viene introdotto come assistente di Gabriele Muccino, che è un noto regista ma non è il regista di Call my agent Italia. Come è stato lavorare al suo fianco? Ti ha dato delle direttive o più semplicemente dei consigli?
R: Gabriele Muccino è stata la prima persona con cui ho lavorato sul set. Non è stato difficile lavorare sulla complicità con Gabriele, fin da subito è stato un compagno di lavoro assolutamente presente, disponibile e generoso. Non ho ricevuto tanti consigli ‘diretti’ ma ho ricevuto implicitamente, come aiuto, la sua totale capacità di mettersi in gioco. Mi ha aiutato tantissimo questa cosa, ha rotto quella iniziale rigidità che avevo.
D: Nel suo ingresso all’interno della CMA Evaristo nota e denuncia un ambiente di lavoro decisamente poco salutare. Nella tua carriera hai mai avuto a che fare con luoghi di lavoro non confortevoli?
R: Ti potrei fare una lista (ride, ndr). Il teatro e il cinema sono mondi in cui devi spesso avere a che fare con il narcisismo. In teatro, se ti va male, ti può capitare di lavorare con un regista che si prende il diritto di dirti delle cose che oltrepassano il limite del lavoro e toccano la sfera personale. Questo non aiuta. Nella CMA c’è un po’ di questo. In più è un ambiente in cui lavoro e famiglia si mescolano. C’è di mezzo una figlia non riconosciuta, un figlio che è a sua volta rappresentato da un’agente collega del padre. Nella serie viene raccontato anche questo grande familismo che esiste in Italia.
D: In entrambe le stagioni di Call my agent Italia c’è Marzia Ubaldi, che ci ha lasciati lo scorso ottobre. Cosa ti ha insegnato direttamente o indirettamente mentre la guardavi in azione?
R: Ti rispondo dicendoti che mi insegna ancora adesso guardandola da spettatore. Riguardando le puntate, mi rendo conto di quanto Marzia fosse così naturale quando recitava, così dentro il lavoro ma nella maniera meno artefatta possibile. Per me Marzia è il teatro: l’esperienza, il lavoro di anni e anni sui palchi. Forse una delle cose più importanti che mi ha insegnato è l’ascolto. Ascoltare e allinearsi alle battute degli altri ed entrare in una dinamica che faccia funzionare la scena, modificando il testo se necessario. In questo Marzia era davvero una fuoriclasse e lo riscontro ancora adesso guardando la serie.
D: Che effetto ti fa rivederti? Sei uno che si gode il prodotto finale o stai lì a notare ogni minimo difetto?
R: Faccio molta fatica a rivedermi ma credo sia una cosa comune per tutti gli attori. Però è stato veramente bello farlo in Call my agent – Italia. Mi ha fatto piacere rivedere come cose che, quando abbiamo girato, sembravano un po’ dubbie in realtà erano molto efficaci. Luca Ribuoli (il regista, ndr) ha un ottimo senso del ritmo. La prima e la seconda puntata le ho riviste non concentrandomi sul testo ma sulla musica, sui cambi di scena, sul ritmo del montaggio. Da spettatore funziona e io di solito non sono molto generoso con i commenti.
D: Oltre la recitazione continui a portare avanti anche la tua carriera universitaria. Sei infatti iscritto alla facoltà di lettere. Come riesci a conciliare copioni e libri?
R: È un bell’impegno. Gli esami richiedono un impegno in presenza, tra tirocini e frequenza delle lezioni. Cerco di farmi aiutare molto dai miei compagni di corso. Adesso sono all’ultimo anno. Ho la fortuna di seguire una facoltà (Scienze dello spettacolo) e di studiare delle cose che mi servono molto nel lavoro che faccio, mi danno una prospettiva più teorica che sul set non ho. Questo è sicuramente un buon motore per studiare anche di notte.
D: Progetti futuri? Stai lavorando a qualcosa?
R: Sto per iniziare le riprese di un film in costume, inizieremo a girare questo aprile. Per il teatro ho un progetto con la mia compagnia (Il Milione), di cui sono fondatore con Maurizio Zucchi. Lo spettacolo coinvolgerà un coro alpino di 40 elementi e toccherà il tema del lavoro.
D: La tua serie tv preferita?
R: Premesso che non sono un grande fruitore di serie tv (preferisco guardare i film), una serie che mi ha molto appassionato è Peaky Blinders. Mi è piaciuta tantissimo Bang Bang Baby ma purtroppo non ci sarà una seconda stagione. Avevo fatto i provini per far parte del cast ma poi hanno bloccato tutto. Era un lavoro nuovo e diverso. Poi non vedo l’ora di vedere Dostoevskij dei fratelli D’Innocenzo.