Il nostro punto di vista su Orange is the New Black 5: le detenute di Litchfield alle prese con dolore, lotta e rivendicazione di se stesse.

Mai come nessun’altra serie di Netflix, la quinta stagione di Orange is the New Black è stata narrativamente concepita per assecondare la pratica ormai sempre più invalsa del cosiddetto binge watching, ossia l’insano proposito di consumare (nel consumarsi) tutti i nuovi episodi uno dietro l’altro. Tredici ore hanno infatti raccontato tre giorni di vita a Litchfield, in cui lo spettro di Poussey è stato agitato come legittimo pretesto per accampare giustizia e rivendicare i diritti più umili.

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Il dolore, derivato dalla perdita dell’amica, dal desiderio isterico dei figli o dalla loro mancanza, ha costituito in diverse occasioni il combustibile di una recitazione più intensa e patetica del solito, con la quale sono emerse specialmente la tenerezza di Taystee, la fragilità di Lorna e la maternità di Gloria o Maria. D’altra parte, questi profondi squarci di drammatica umanità si sono inframmezzati alle punte di ironia estrema e triviale dei nuclei più standardizzati della prigione, dalle anziane alle guardie, dalle tossicodipendenti alle nazi.

Litchfield in rivolta ravviva Orange is the New Black 5

E mentre si è assistito alla metamorfosi di Blanca, all’intermezzo da influencer delle Flaritza, o ai piani da spia russa di Red, gli autori hanno trovato il tempo e specialmente la maniera di colorare la stagione con tinte da parodia dell’horror (come nella sequenza in cui le detenute spariscono ad una ad una) o del talent show, senza alcuna stonatura con lo stile e il realismo complessivo della serie.

Si è avvertito invece – anche se è stata una sensazione singhiozzante – il progressivo sfumare delle intenzioni originarie, a partire dalla consistenza intermittente della coppia Alex e Piper fino all’assenza dei messaggi morali solitamente dispensati attraverso l’espediente dei flashback. Se nelle precedenti stagioni, di episodio in episodio, i tuffi nel passato consentivano di uscire dall’asfittico mondo carcerario leggendo in parallelo l’agire delle detenute, con Orange is the New Black 5 la comprensione della lettura è possibile soltanto nel finale, quando ci si rende conto cioè che di ognuna è stato individuato il punto preciso dopo il quale per un verso o per l’altro si è rotta la propria innocenza.

Ciò detto, la risposta degli utenti della piattaforma di streaming non sembra essere stata la stessa in ogni dove, eppure è parso che la serie abbia saputo rinnovarsi e uscire dai pantani delle precedenti due stagioni, a costo sì di giocarsi la carta dell’agnello sacrificale o di smantellare letteralmente la location, ma senza comunque perdere in coerenza, stile e – per dirla come Freida – in dignità.