Matteo Paolillo a Ciak Generation: “Edoardo, tra Mare Fuori e la musica”
Intervista a Matteo Paolillo, uno dei protagonisti di Mare Fuori 2: il suo Edoardo, la passione per la musica e il futuro della serie
A tu per tu con Matteo Paolillo
Entra nel nostro gruppo WhatsApp per esser sempre aggiornato su serie tv e cinemaAbbiamo intervistato Matteo Paolillo a pochi giorni di distanza dal finale di Mare Fuori 2. Sono giorni speciali per l’attore salernitano, che nello show interpreta il ruolo di Edoardo Conte. Ha da poco pubblicato il suo nuovo EP, Edo, in cui ha raccontato in note e rime quel personaggio che gli ha cambiato la vita. Durante la chiacchierata abbiamo parlato anche del futuro della serie, già confermata per una terza stagione, e ha confidato alcune sue sensazioni su quanto accaduto.
Parliamo di Edo, l’EP che hai pubblicato lo scorso 29 dicembre e che so che per te è molto importante. Ci racconti come è nato il progetto?
Negli ultimi anni ho cominciato a produrre molta musica legata a questo personaggio perché ci ho lavorato moltissimo dal punto di vista della recitazione. Quando cominciavo ad approcciare da un punto di vista musicale, inevitabilmente tutto ero influenzato da questo personaggio e da queste tematiche. Tutto è partito da quando ho costruito la sigla insieme al mio producer Lorenzo Gennaro e la sigla è cantata da Edo, in un certo senso. Da lì c’è stata la richiesta di scrivere “Sangue nero” da parte della sceneggiatrice per la seconda stagione. Poi ci sono altri pezzi legati a questo mondo, al che mi sono detto ‘mettiamoli tutti insieme in un ep’ e quindi tutti i pezzi, legati al mondo napoletano, che sono venuti fuori in questi ultimi anni sono stati condensati in questo disco che mi piacerebbe allungare con altri 3 pezzi. Parallelamente in questi anni ho lavorato a tanti pezzi in italiano, però al momento non ho ancora fatto uscire nulla perché mi sto concentrando su una cosa alla volta.
Nel brano “Fa chell che a fa”, che canti insieme a Giacomo Giorgio (Ciro in Mare Fuori) dici “siamo nati ultimi e moriremo primi”. Quanto c’è di autobiografico in questa frase in particolare?
Autobiografico fino a un certo punto. Il mio nome d’arte è Icaro proprio perché cerco di contrastare questa condizione in cui viviamo e in cui viene sempre imposto il fatto che dobbiamo stare sul podio, dobbiamo essere sempre primi e dobbiamo essere sempre sopra gli altri. Questo “siamo nati ultimi e moriremo primi” è un po’ una filosofia di vita che determinati ragazzi che sono cresciuti in determinati ambienti e che vengono dal basso hanno molto forte. C’è molto questa competitività di vedere il ragazzo dei quartieri alti con le scarpe firmate e quindi di trovare le strade più facili per arrivare ad avere la stessa cosa. Ho sempre vissuto intorno a me questa cosa, anche studiando questo personaggio ho sempre visto queste dinamiche e ho sempre cercato di combatterle. Alla fine non c’è chi è ultimo e chi è primo, ognuno di noi è unico a suo modo e sicuramente quello che siamo è molto di più di quello che abbiamo.
In quel momento Edoardo e Ciro, che vengono da realtà complicate, puntano a conquistare tutta Napoli. Hanno questa ambizione molto forte che è anche un po’ imposta dalla società. Non riusciamo mai ad accettare il fatto di essere ultimi, c’è sempre questa soglia del fallimento dietro ogni cosa. Questa condizione di vita sta alla base, secondo me, di tantissimi problemi della nostra società, dal proletariato all’alta borghesia.
Il brano “N’ata Poesia” è dedicato a Teresa ed è come se Edoardo le scrivesse una lettera dopo tutto quello che è successo in Mare Fuori 2. Ci stai dicendo che non è finita qui tra loro? Li rivedremo insieme nella terza stagione?
Questo bisognerebbe chiederlo agli sceneggiatori. Non ho la più la pallida idea di quello che hanno in mente. Io mi sono molto interrogato su questa cosa: succede quello che succede con Teresa e poi Edoardo va al battesimo (del figlio, ndr). Ho cominciato a ragionare anche con la truccatrice, c’è un cambio molto forte nel personaggio. Edoardo perde Teresa e infatti negli ultimi episodi ha sempre le occhiaie, è sempre più in crisi ed è svuotato da questa condizione. Io ho immaginato queste notti insonni di Edoardo e ho scritto questa cosa in relazione a quello che pensa di Teresa.
Per come è finita io non so se ci possa essere un futuro. Effettivamente è una storia abbastanza complicata da portare avanti, anche perché lui sta in carcere.
C’è una canzone molto bella e significativa dell’EP che è “Amare chi fa male” e che parla di un problema purtroppo ancora attuale che è la violenza sulle donne. Nel video appaiono anche alcune protagoniste di Mare Fuori. Anche nella serie viene trattata questa tematica, pensiamo alla storia di Gemma ma anche a quella di Nad per molti aspetti. Quanto è importante ancora parlarne e come pensi si possa cambiare questa situazione?
Intanto la risoluzione del problema è un’utopia, per raggiungerla c’è bisogno di un’umanità completamente diversa da quella che viviamo in questo periodo. Secondo me è importante che siano gli uomini a parlarne perché molto spesso il movimento femminista viene preso dagli uomini come qualcosa che riguarda solo le donne. Molto spesso viene percepito dagli uomini come matriarcato e invece dovrebbe essere un modo che vada ad equilibrare la cosa. Se è vero che gli uomini hanno molte più facilità sotto una serie di cose, allo stesso tempo gli uomini sono quelli che vengono educati a tutto un sistema che poi permette di trattare la donna come inferiore. Mi riferisco all’educazione infantile secondo cui l’uomo è quello che non deve piangere, che deve essere forte, che deve trovarsi un lavoro per avere dei soldi e per poterli poi spendere per una donna. È tutto un sistema e una mentalità che va avanti da secoli e che ci trasciniamo dietro.
Secondo me il punto è accettare le diversità, mentre si va molto spesso verso l’omologazione. Invece siamo diversi, ognuno ha le sue condizioni però dobbiamo capire come coesistere. Uomo e donna sono mondi completamente diversi a volte, eppure siamo fatti per vivere insieme.
La scena rap napoletana contemporanea ormai è diventata una realtà importante nel nostro paese: penso a Liberato, a Luché, a Geolier! Secondo te perché la loro musica riesce a essere così universale e a superare i confini della Campania?
In generale, quello che funziona del napoletano in questo genere di musica è il fatto che gli dia un sapore molto internazionale. Anche solo a livello di rime, il fatto che si possano fare le rime con le consonanti è qualcosa che si possono permettere gli americani o gli inglesi mentre in italiano sei molto più limitato. Il napoletano ti permette di avere delle sonorità che nessun altro può avere. Questo è secondo me quello che sfonda della musica napoletana in generale.
Nella scena napoletana, a parte alcuni che hai nominato che cercano di raccontare qualcosa che vada oltre il gangsta-rap, c’è sempre di più questa tendenza sulla scia di Gomorra di mostrare le armi, le donne e i soldi nei videoclip e che imita lo stile gangster americano. Secondo me è molto dannoso e in generale con la mia musica cerco un po’ di invertire questa tendenza. Mi piacerebbe fare dei video in cui l’immagine che si propone al pubblico sia un’immagine che va più verso l’armonia, lo stare insieme e la pace perché altrimenti siamo sempre sulla scia di quella competitività (di cui parlavamo prima, ndr) e le persone che guardano quei videoclip vogliono essere come le persone che “ce l’hanno fatta” e che hanno tutto. Invece bisognerebbe più sentirsi parte di un tutto perché altrimenti si creano sempre delle differenze.
Tu hai scritto e cantato “O mar for”, che è la splendida sigla di Mare Fuori e che rappresenta un po’ anche l’inno alla vita e alla libertà dei ragazzi dell’IPM. Qual è il tuo ‘mare fuori’? Dove ti rifugi nei momenti di sconforto?
Ieri ero al mare e guardandolo mi sono reso conto di quanto, anche inconsciamente, io mi riferisca al mare quando ho voglia di libertà. Il fatto che questa serie si chiami “Mare fuori” mi ha connesso tantissimo a questa cosa. Essendo cresciuto in una città di mare, rappresenta un posto dove poter far correre i pensieri e sentirsi parte della natura, cosa che spesso all’interno dei palazzi dimentichiamo.
Il mio “mare fuori” è proprio la libertà di sentirsi lontani da tanti pensieri inutili che ci portiamo dietro durante la giornata. Molto spesso ci appelliamo a tante stupidaggini ma poi alla fine quello che conta davvero è essere felici.
Qual è l’artista italiano con cui ti piacerebbe collaborare?
Achille Lauro, mi piacciono molto e collaborerei con gli Psicologi. E poi Liberato, se dovessi conoscerlo un giorno…
Mi hai già bruciato la domanda, io volevo chiederti se sei tu Liberato…
Ride (ndr)
C’è un film o una serie tv per cui avresti voluto scrivere la colonna sonora?
Questa è una domanda che non mi hanno mai fatto e quindi non ci ho mai pensato in realtà. Tendenzialmente non ho mai pensato di fare colonne sonore, “O mar for” l’ho scritta per il personaggio e poi ha fatto parte della colonna sonora, poi mi sono avvicinato molto a questo mondo anche con “Sangue nero” e ci penso molto di più.
Non ti so dire un film, la mia musica cambia molto in base al progetto. È un po’ il processo inverso, non riesco a dire ‘c’è quel film, mi piacerebbe fare la colonna sonora’ ma piuttosto il contrario.
Pistola alla tempia: ti chiedono di scegliere tra la recitazione e la musica! Cosa scegli?
Hai sentito “Edo freestyle“? Devo sempre rispondere a questa domanda ma io non voglio scegliere. È come imporre la monogamia, ma perché? (ride, ndr)
Parliamo del finale di Mare Fuori 2. Nelle ultime puntate abbiamo assistito al crollo della figura del leader che è Edoardo all’interno dell’IPM: Totò è stato trasferito, o Pirucchio gli ha voltato le spalle, il nuovo arrivo Mimmo si è rivelato essere un traditore. Da dove ripartirà Edoardo? Secondo te lo ritroveremo più incattivito?
Quando è finita la prima stagione ho iniziato a farmi un sacco di immaginazioni sulla seconda, poi ovviamente non sono state soddisfatte perché scelgono gli sceneggiatori. Quindi io quest’anno ho scelto di non farmi idee, quello che sarà sarà. Sicuramente penso che ci sarà un Edoardo molto più concentrato sul lavoro, diciamo così, molto più incattivito e molto più spregevole sulla scia degli ultimi episodi della seconda stagione. Non ho idea di quale sarà la sua paranza, visto che ormai se ne sono andati tutti, ma credo sarà molto più incattivito.
Una delle scene più commoventi è stata sicuramente quella dell’abbraccio tra Edoardo e Totò. Da telespettatore ho vissuto quel momento come una sorta di addio di Antonio Orefice alla serie e per questo mi sembravate parecchio commossi. È così?
Ce lo siamo proprio detti e lo abbiamo vissuto proprio così. Mare Fuori parla di un carcere minorile, quindi se un personaggio va a Poggioreale è finita non solo per il personaggio ma anche per l’attore. Quella scena lì è stata molto sentita da parte di entrambi. Penso che Antonio (Orefice, ndr) sia il compagno di scena migliore che abbia trovato in vita mia. Mi spaventa molto dover stare in scena senza di lui perché è molto generoso, è uno che caccia idee ogni secondo e quindi mi aggrappo a quelle cose e riesco a dare molto di più. Il mio dispiacere in quel momento era anche relazionato a tante dinamiche che c’erano dietro.
Poi tra l’altro lui a un certo punto mi dice ‘dammi un bacio di scena’, io sono rimasto un attimo spiazzato. Il regista invece ha apprezzato questa cosa e per convincerci ha fatto tutto un discorso sul significato cameratesco di darsi un bacio. Ci siamo concentrati, siamo entrati dentro la cosa ed è stato un momento molto forte che porterò dentro per tutta la vita.
Cos’è che proprio non ti piace di Edoardo e quali sono le caratteristiche che invece te lo hanno fatto amare?
Comincio prima dalle cose che me lo hanno fatto amare che è sicuramente il “rapporto con la tigre” che mi è rimasto, perché mi ha dato la possibilità di lavorare a un personaggio prima fisicamente e poi psicologicamente. Qualsiasi cosa fa Edoardo si muove come una tigre e quindi mi ha dato la possibilità di applicare delle cose che avevo studiato. Poi amo il suo rapporto con la poesia, perché a me piace scrivere versi. Anche questa indecisione all’interno di questa poligamia in cui si trova.
La cosa che non mi piace di Edoardo, ma è difficile dirlo perché poi alla fine quando reciti un personaggio sei sempre dalla sua parte, è la sua impulsività. È qualcosa che apparteneva al me di 10 anni fa e con il tempo sono diventato molto più riflessivo, mi faccio molte più paranoie, rifletto molto di più sulle cose. Invece lui è uno che casca sempre in piedi, perché qualsiasi cosa succede non pensa alle conseguenze. Anche con Teresa, non va da lei a dirle “scusa, sono un deficiente…hai ragione, dovevo dirtelo che avevo una moglie”. Va là e le dice “guarda che quella è la mia famiglia, tu sei un’altra cosa…io voglio tutte e due, perché devo scegliere”. Questa cosa ovviamente fa crollare tutto.
Da telespettatore, qual è il tuo personaggio preferito nella serie?
Il mio personaggio preferito è sempre stato Pino ma perché io sono innamorato di Artem. Artem ha delle cose che può fare solo lui, ha questa faccia particolare, questi occhi di ghiaccio. Io ricordo ancora la sensazione che ho provato quando l’ho visto per la prima volta, mi ha fatto gelare il sangue il suo sguardo. Il suo personaggio è bellissimo, specialmente in questa seconda stagione, perché ha questi scatti di rabbia feroci e poi questi moti di tenerezza incredibili.
E invece qual è il personaggio con cui Matteo Paolillo non sarebbe mai andato d’accordo?
Probabilmente il Chiattillo, poi Pirucchio perché è complicato ed è sempre inca****.
Ricordi il primo giorno sul set della seconda stagione. Cosa hai provato a rivedere quel cast che ormai è diventato parte della tua vita?
Il primo giorno sul set ho girato la scena dell’ospedale e c’eravamo solo io e Agostino Chiummariello (Gennaro, ndr) e c’era Giovanna (Sannino, Carmela nella serie) che faceva la scena del parto. Subito ho capito che era cambiato qualcosa, Mare Fuori era diventato qualcosa di importante. C’era il pubblico che ci guardava sul set, era tutta un’altra condizione, c’era molta più aspettativa e mi sentivo molto più responsabile rispetto alla prima stagione.
Quando siamo ritornati tutti sul set e abbiamo girato all’interno del carcere è stato come ritornare in famiglia, come quando torni per le vacanze di Natale a casa.
Ricordi quale è stata la scena emotivamente più difficile da girare?
Ci sono state molte scene complicate. Sicuramente una delle più tese quest’anno è stata quella in cui Totò mi dice “sono stato io a uccidere Nina”. Quella scena lì era una scena di Antonio, io facevo da spalla ed era complicato mantenere quella tensione. Io ricordo che Antonio i giorni prima stava male, aveva tantissima paura di quella scena. Sul set è stato molto complicato gestire i rapporti, non sapevo se parlare poteva fargli bene o se dovevo stare zitto o se stando zitto non l’aiutavo, non sapevo come comportarmi. Però forse questa indecisione ha contribuito poi alla scena e all’indecisione di Edoardo.
Immaginiamo una versione americana di Mare fuori: chi vedresti nei panni di Edoardo?
Logan Lerman, secondo me lui potrebbe fare Edoardo.
Non ti chiedo se sei fidanzato perché so che non ti piace avere delle etichette. Ti chiedo però se Sei innamorato?
Guarda non lo so, sono in una fase della vita in cui è complicato sapere cos’è l’amore. E poi mi innamoro spesso.
Qual è la tua serie tv preferita?
Peaky Blinders
Qui puoi vedere un estratto dell’intervista a Matteo Paolillo.