Tutto ciò, mescolato all’avvento della nuova stagione di American Horror Story, la cui produzione ha ugualmente giocato su una campagna pubblicitaria incentrata sulla figura dei clown assassini, ha finito per sollecitare le associazioni internazionali che tutelano la professione del pagliaccio, preoccupate del rinnovato impatto negativo che simili iniziative potrebbero provocare alla loro categoria.

La presidentessa della World Clown Association, infatti, è voluta intervenire correggendo per così dire l’immagine che i media, dal primo IT in avanti, hanno costantemente riproposto a proposito della figura del clown. Se tradizionalmente infatti i suoi vestiti colorati, il suo trucco buffo e le parrucche estrose strappavano un sorriso sul volto dei bambini, subito dopo la messa in onda della vecchia miniserie con Tim Curry ed oggi anche del primo episodio di American Horror Story Cult, la credibilità e la bontà del clown è stata fatta vacillare.

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Qualche anno fa, un gruppo di giovani s’inventò persino un format dell’orrore nel quale alcuni attori travestiti da pagliacci spaventavano nella notte ignari passanti. Tutto questo, sommato agli ultimi prodotti televisivi e cinematografici, rischierebbe insomma di acuire il sentimento di crescente insofferenza del pubblico nei riguardi di artisti in fondo onesti, lo statuto culturale della cui professione rischia paradossalmente di virare verso la direzione opposta a quella dalla quale si è originato: non più i migliori amici dei bambini, ma il loro incubo più grande.

Viene allora da chiedersi: esiste davvero la possibilità di arginare un simile stravolgimento di un motivo letterario? E dire che se la questione si ponesse ad un clown, è probabile che la sua risposta sarebbe una pernacchia!

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