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Guglielmo Poggi – foto di Davide Musto

Guglielmo Poggi aspettava questo giorno da quasi due anni. Il giorno in cui Circeo, la miniserie ha cui a dedicato anima e corpo, arriva finalmente al grande pubblico. Dopo essere stata premiata agli ultimi Nastri d’Argento, la docuserie di Paramount+ approda su Rai Uno in prima serata dal 14 novembre.

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A Poggi viene affidato il difficile compito di portare sul piccolo schermo Angelo Izzo, uno dei massacratori di una vicenda che ha sconvolto e continua a sconvolgere l’Italia. Un ruolo che l’attore ha studiato a lungo, a cui ha dedicato energie e un impegno fisico estenuante. Una figura a cui ha cercato di dare un’interpretazione quanto più specifica possibile per rispettare le vittime di una pagina nera della nostra storia.

Abbiamo intervistato Guglielmo Poggi a ridosso del debutto di Circeo su Rai Uno. Ecco cosa ci ha raccontato.

D: Il tuo interesse per la storia del massacro del Circeo inizia molto tempo prima rispetto al ruolo nella miniserie, non è vero?

R: Assolutamente sì. È una storia che mi è stata raccontata da mia madre (l’attrice Paola Rinaldi, ndr) quando ero molto piccolo. Mia madre è praticamente coetanea di Donatella Colasanti. È una storia che mi è arrivata, che è entrata nel mio immaginario. Con l’arrivo della serie ho iniziato a fantasticare sul fatto che questa vicenda, che fino ad allora mi era interessata solo sul piano storico, poteva essere anche interpretata. 

D: Per il ruolo di Angelo Izzo hai seguito anche una trasformazione fisica. Che tipo di impegno hai affrontato?

R: C’è stata prima una parte tecnica. Mi sono allenato sulla voce, sugli occhi, sul corpo, che è una chiave per entrare nella porta. Perdere il peso è stato parte della mia preparazione per il ruolo. Oltre al dimagrimento ho voluto dare a questo cambiamento fisico un senso che mi aiutasse nell’interpretazione. Ho cominciato a privarmi del cibo e l’ho sostituito con il desiderio di controllo rispetto al femminile e di omicidio che immaginavo potesse albergare nella testa dei massacratori. Questa cosa mi ha aiutato a entrare più rapidamente nel ruolo. Come ho detto però sarebbe preferibile non fare questo passaggio in maniera repentina. Ha avuto delle ripercussioni sul mio metabolismo e sul mio corpo. Sono molto contento della trasformazione fisica che ho fatto ma cambierei come l’ho fatta. Oggi avrei una consapevolezza in più.  

Guglielmo Poggi: “Quando metti piede al Circeo cambia qualcosa”

D: Le location scelte hanno avuto un ruolo importante. Molte scene di Circeo sono state girate in una villa situata nelle vicinanze della casa in cui è avvenuto il massacro. Che impatto ha avuto questa scelta della produzione su voi attori e sulle vostre interpretazioni?

R: Ho avuto grande fiducia nelle scelte della produzione perché mi è sembrata sempre capace nel comprendere quali fossero le occasioni migliori per raccontare questa storia. Al di là della loro scelta, nel momento in cui metti piede al Circeo cambia qualcosa. Essere lì è significato per me passare dal fare finta a stare vicino alla verità. Più entri nel merito ed entri dentro e più hai la percezione che sei tu che costruisci quella memoria, sei tu che ti fai toccare anche da cose che non c’entrano nulla. Quando si trattano storie di questo tipo hai una grande responsabilità, perché parliamo di una vicenda che continua a scuotere profondamente la nostra coscienza. Pertanto bisogna avere il coraggio di entrare creativamente senza togliere nulla, senza giudicare i personaggi ma avendo la percezione che sì, sei a 20 metri dalla casa in cui è avvenuto tutto e anche una siepe può raccontarti qualcosa.

D: C’è differenza tra recitare il ruolo di un personaggio realmente esistito, condannato con due ergastoli, rispetto a un personaggio di fantasia? Senti un peso maggiore?

R: Assolutamente sì. Se non riproponi in maniera precisa un personaggio realmente esistito rischi che anche tutta la questione storica ne risenta. Bisognava essere molto specifici per evitare che le vittime sembrino due ragazze ingenue. Non è così, è più complesso di così. Parliamo di un personaggio capace di convincere magistrature, il corpo medico, giornaliste esperte. Dovevo dare un concentrato realistico di ciò che era Angelo Izzo.

D: Sei sempre stato orgoglioso dei progetti a cui hai preso parte o c’è qualcosa che non rifaresti o non rifaresti nel modo in cui l’hai fatto?

R: Ho sempre difeso a spada a tratta le cose che ho fatto e ho sempre cercato di fare ciò che mi convinceva. Ho la sensazione di aver fatto scelte giuste e appropriate. Sono dell’idea che tutto ciò che è stato fatto è stato giusto. È pure vero che in certi casi, tra quello che avevo letto e quello che ho visto, c’è stata una grande differenza.

Il ricordo di Gigi Proietti

D: Hai avuto la fortuna e l’onore di lavorare al fianco di Gigi Proietti a teatro. Che insegnamenti ti ha dato?

R: A distanza di anni mi rendo sempre più conto che Gigi era ed è stato il più grande attore della nostra storia. Quello che lui ci ha insegnato è stata la capacità di cercare fino all’ultimo ciò che serve al pubblico per ridere o commuoversi. Gigi faceva questa ricerca strenua fino al minuto prima di andare in scena. Per lui lo spettacolo doveva essere sempre un’esperienza irripetibile. Questa idea che fino all’ultimo si dovesse provare a dare qualcosa è il racconto di un uomo che ha veramente dato tutto per lo spettacolo. Gigi è stato il più aderente al pubblico, al suo pubblico. Parliamo di un supereroe, di un uomo che aveva questa voglia di regalarti piacere fino all’ultima sillaba. Questa è la cosa più straordinaria che io abbia mai visto accadere di fronte a me. 

D: Hai condiviso più volte il palcoscenico con i tuoi genitori, che sono entrambi attori. In un’occasione sei stato diretto da tuo padre (Pierfrancesco Poggi) mentre ne La scadenza lo “scettro del potere” è passato nelle tue mani. Che esperienze sono state? 

R: I miei genitori non sono stati soltanto dei colleghi e dei maestri ma ancora oggi sono dei riferimenti anche nei problemi della giornata. Con mia madre ho avuto la possibilità di lavorare in un qualcosa scritto e diretto da me. Abbiamo riportato in scena delle dinamiche familiari declinate in una maniera differente. Sia mio padre che mia madre sono stati coinvolti in tutto quello che ho fatto. Ho sempre cercato di portarli con me in primo luogo perché penso siano attori straordinari e in secondo luogo perché mi piaceva fare riferimento a loro anche in scena.

Essere figli d’arte è una grande trappola. Hai un bagaglio in più rispetto agli altri che ti è stato dato alla partenza, è come se avessi una valigia in più di strumenti. Allo stesso tempo c’è tutta una disillusione che viene fuori di chi non ha scoperto momento per momento ma di chi quella cosa la vede costantemente accadere in tutti i giorni della sua vita. Non lo cambierei per nulla al mondo ma mi rendo conto che è una cosa che ha solcato profondamente la mia carriera. Se oggi sono quello che sono lo devo anche ai miei genitori, nel bene e nel male. 

D: Qual è l’aspetto del tuo lavoro a cui non rinunceresti mai e qual è quello di cui faresti volentieri a meno?

R: Un aspetto di cui farei volentieri a meno è la discontinuità. Il vuoto cosmico che in alcuni momenti ti attanaglia. Si rischia sempre di non sfruttare i momenti in cui sei in forma. Si tratta però dei momenti più utili perché devi prepararti a ciò che verrà. Ma te ne accorgi dopo, mai prima. La cosa a cui non rinuncerei mai è quella leggerezza che hai quando esci dalla replica, hai ricevuto i tuoi applausi e vai a cena pensando che il tuo è stato fatto e continuare a parlare dello spettacolo per tutta la sera.

Guglielmo Poggi e il ritorno al teatro

D: Che progetti hai in cantiere?

R: Farò delle cose in teatro prossimamente. Quello che è sicuro è che ho aspettato per due anni, forse anche con una certa insistenza, l’uscita di Circeo. È stata la mia ossessione. Paramount+ ha fatto uno splendido lavoro e ci ha dato la possibilità di essere il loro lavoro di punta. Però era ovvio che io immaginassi il grande pubblico per un progetto del genere con questa importanza e un tema così delicato. Attualmente sono concentrato su questo. Tutto quello che verrà lo accetteremo volentieri ma per me in questo momento Circeo vuol dire anche un po’ chiudere un cerchio con me stesso e con tante cose della mia vita. Sto attendendo da una vita l’arrivo di Circeo su Rai Uno.

D: La tua serie tv preferita?

R: Breaking Bad e Better Call Saul, che per me sono una serie unica. Ho avuto poi un grandissimo innamoramento per Succession. Trovo che sia una cosa strepitosa. È un innamoramento recente perché l’ho vista troppo tardi ma la ritengo qualcosa di straordinario. Penso che Breaking Bad e Better Call Saul siano il grande evento storico-artistico-letterario della mia generazione e ce ne renderemo conto troppo tardi. È qualcosa che parla a tutti, se ci si stacca dalla storia e dalla trama, e ci mette tutti quanti con le spalle al muro rispetto alle nostre responsabilità. È un saggio di cos’è la natura umana, è un’enciclopedia. Andrebbe fatta vedere nelle scuole. Io dopo averla vista tante domande in più su me stesso me le sono fatte.