La nostra intervista a Giulio Greco

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Giulio Greco
foto di Francesca Marino
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È un periodo intenso e decisamente appagante per Giulio Greco. Lo raggiungiamo telefonicamente mentre sta rientrando a casa in un momento di pausa tra un set di un’importante produzione internazionale e un altro. “Mi sento veramente felice. Come essere umano sono arrivato a una consapevolezza che mi rende sereno e che mi permette di lavorare meglio“, tiene a precisare l’attore classe ’91.

Ai progetti di prossima uscita, a cui accenna senza poter rivelare molto, si uniscono quelli da poco disponibili sia in tv che al cinema. Per tre giorni è approdato nei multisala con Prophecy, film ispirato all’omonimo manga di Tetsuya Tsutsui, che rivive con una storia inedita ambientata a Torino.

Dallo scorso venerdì 21 marzo è anche su Sky con Gangs of Milano – Le nuove storie del blocco. Nei tanti ruoli conquistati in carriera c’è il costante desiderio di esplorare l’intimità dei personaggi per coglierne sofferenze e fragilità. Tra riprese e copioni Greco trova spazio anche per un’altra sua grande passione, la musica. Giulio sta infatti ultimando le registrazioni del suo primo EP, che sarà presto disponibile su tutte le piattaforme.

Raccontare storie, in ogni forma, lo ha sempre affascinato. Quando aveva solo 19 anni ha aperto una sua casa editrice, che gli ha permesso di lavorare con persone di grande cultura. “Sono sempre stato nel mondo dei libri e questo mi ha donato tanto“, racconta Giulio Greco che sogna un giorno di poter dare vita a una sua sceneggiatura.

D: In Prophecy interpreti il ruolo di Manfredi, un uomo d’affari senza scrupoli che si metterà tra Giona e la sua scoperta. Cosa puoi aggiungere?

R: Manfredi è un business angel che professa il successo, la ricchezza, lo sfarzo e il potere. Propone falsi miti che in realtà non ti rendono felice. È lui il vero personaggio che porta la maschera nel film. In un senso più metaforico e poetico è Manfredi che indossa la maschera perché porta sulle spalle questi falsi miti della società, che Giona-Paper Boy cerca di combattere.

D: C’è una frase detta da Giona nel film che mi ha colpito: “Ruberò a loro quello che loro hanno rubato a me: il futuro”. Viviamo in effetti in un mondo in cui, a causa di chi ci governa nel mondo, il futuro è sempre più a rischio tra guerre e crisi climatica. Lo stesso Manfredi è un po’ l’emblema di questo genere di persone. Qual è la tua opinione a riguardo?

R: È una domanda interessantissima su cui potremmo scrivere un libro. Ti do due risposte. Una è più “locale” ed è legata al perché c’è questa famosa fuga di cervelli dall’Italia. Purtroppo nel nostro paese non ci sono abbastanza opportunità nonostante ci siano persone creative, intelligenti, studiose a cui purtroppo non viene riconosciuto il merito. A livello globale il problema principale è che il potere resta in mano a persone senza scrupoli. Leggevo l’altro giorno che i cinque più ricchi al mondo possiedono più denaro dei restanti 8 miliardi di persone. Questa cosa è devastante da un punto di vista sociale. È uno squilibrio che si acuisce sempre di più, è una polarizzazione economico-sociale che crea dei disagi enormi tra le persone. Stiamo perdendo la fascia media, che negli anni ‘70 ha fatto grande l’Italia. Un tempo erano le piccole e medie imprese a dare alle persone la possibilità di avere una svolta e di conseguenza portavano un benessere importante alla società. Si incrina la società e si incrinano i rapporti sociali. La società non progredisce e la cultura e l’arte, che sono figlie della società, si inaspriscono.

D: Ti spaventa questo futuro?

R: Sono un combattente. Non mi ha mai regalato niente nessuno. Ogni mattoncino me lo sono guadagnato con sudore. Sono convinto che se noi nuove generazioni rimaniamo in ascolto l’uno con l’altro, cercando di essere un po’ meno social e più sociali, possiamo creare un futuro migliore. Lo credo veramente. La paura può provocare tre reazioni: ti può bloccare, ti può far scappare o può spronarti ad affrontarla. Credo che la reazione che dobbiamo avere sia la terza. È vero, non è facile farlo. Ma dobbiamo rompere questi argini che ci stanno costruendo attorno e rifondare un presente. 

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Giulio Greco in Prophecy

D: In un momento del film Giona dice di aver imparato a vivere meglio senza internet. Tu che rapporto hai con i social media?

R: Penso che, come qualsiasi cosa, sia un’opportunità. Internet quando è nato rappresentava un’opportunità di connessione. Ti faccio un esempio pratico, mia madre vive in Belgio e grazie alle videochiamate riusciamo a vederci ogni giorno. I social, così come internet, rappresentano un’opportunità ma per me non sono la vita. Non voglio dedicare il mio tempo ai social, se non per il lavoro. Ma voglio vivere serenamente, guardare il cielo, toccare le persone e guardarle negli occhi.

D: Se avessi tu un “Prophecy” a disposizione, un software in grado di anticipare l’andamento del futuro, per cosa lo consulteresti?

R: Sicuramente non vorrei conoscere il mio futuro ma sfrutterei un programma del genere per trovare delle risposte in ambito sanitario, trovare delle cure a delle malattie. O qualcosa che crei nuovo lavoro o che ci aiuti a combattere la crisi climatica. Può essere uno strumento che mostra agli scettici e ai complottisti che questi problemi sono reali. O per arginare dei problemi che possono arrivare e intraprendere una strada alternativa.

D: Sei tra le new entry di Gangs of Milano su Sky. Cosa puoi raccontarci sul tuo personaggio?

R: Interpreto Piero, che è un ragazzo della Milano bene senza problemi economici. Vive nella possibilità di comprare qualsiasi cosa, anche gli esseri umani, e di spingersi sempre oltre il limite. Con il suo gruppo di amici, Giacomo e Michele, invitano Ludovico a feste esclusive off limits. Sky fa sempre dei progetti di alta qualità. Credo sia interessante una serie come Gangs of Milano perché racconta una città che ha una forma particolare. Milano è la città più internazionale che c’è in Italia. Le dinamiche sociali sono differenti rispetto ad altre grandi metropoli. Più ti allontani dal centro e vai verso le periferie e più non c’è dialogo. Nonostante sia una città iperconnessa e che quindi dovrebbe essere più predisposta a un dialogo tra le varie parti, nella realtà questo non avviene. È il contrario. È una città che non ha dialogo. Chi vive in centro a Milano non ha un dialogo con chi sta in periferia. Questo crea grosse tensioni e trasforma Milano in una delle città più pericolose in Italia.

D: Nella tua carriera il ruolo del “villain” o dell’antagonista torna spesso. Ti diverti a portare sullo schermo i lati peggiori dell’essere umano?

R: Tantissimo. Sono contento perché da ragazzino mi dicevano sempre che dovevo fare il principe azzurro. Che palle. Il bello dell’attore è quello di cambiare e modificarsi. È interessante lavorare sui lati oscuri della personalità. L’arte serve anche a dare al pubblico un personaggio in cui si può riconoscere senza esserlo. Il personaggio cattivo ti permette di avere una redenzione personale interna. Poi i villain hanno degli strati emotivi e psicologici molto profondi e hanno un delta del cambio sempre molto forte. Lavorerei sempre su questo genere di personaggi. Nascondono dolore, sofferenza, esilio sociale e problemi. Adesso sto lavorando su altri due villain, non posso dirti tanto ancora. È bello perché scavi nella tua personalità, sto conoscendo tante cose di me che non conoscevo.

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Giulio Greco in Gangs of Milano
foto Sky di Marco Piovanotto

D: Un’altra tua passione è la musica e stai lavorando al tuo primo EP. Cosa puoi anticiparci? 

R: La musica è sempre stata parte della mia vita. Ho fatto corsi di canto da giovane, mio nonno era primo violino dell’Orchestra di Camera del Belgio. In famiglia siamo cresciuti anche ascoltando musica classica. Ho sempre sognato di fare un disco. L’anno scorso ho iniziato a lavorare con Francesco Arpino, produttore e interprete. Stiamo lavorando sul mio primo EP che uscirà a brevissimo. Non è un pop puro, ci sono influenze rock e country. Prendo molto spunto dalla musica 90/2000. Robbie Williams, Oasis e Nickelback sono gli idoli da cui prendo ispirazione.

D: Sono loro i tuoi artisti preferiti?

R: Non solo loro. Ho fatto il deejay per tanti anni. Ho ascoltato qualsiasi genere di musica, dalla house alla dance fino alla techno. Ascolto questo ma anche tanta musica classica. Mi piace spaziare. 

D: E nel cinema invece? Chi sono i tuoi attori preferiti?

R: Ce ne sono tantissimi, è bello prendere spunto, imparare e “rubare” qualcosa da tutti perché tutti hanno la propria sensibilità. Spesso mi fanno un complimento che mi imbarazza tanto perché mi paragonano a Christian Bale. Mi piace perché è un attore che vive corpo e voce questo lavoro. È super interessante il lavoro che fa. Tanta ispirazione me la dà anche Leonardo DiCaprio. Mi piacciono tantissimo anche Jim Carrey e Daniel Day Lewis. Tra gli italiani assolutamente Marcello Mastroianni.

D: Attualmente sei impegnato su due diversi set. Cosa puoi anticiparci?

R: Sto lavorando a un film con un cast internazionale. Il secondo set è una serie con produzione italiana che fa parte di qualcosa di più grande, internazionale anche questo. Le sto girando entrambe su suolo napoletano. Ultimamente sono sempre a Napoli, mi godo il buon cibo e il sole. Invece dopo l’estate uscirà un horror in lingua inglese che si intitola The curse under the mountain

D: Visto anche il tuo lavoro nel mondo dell’editoria, ti piacerebbe scrivere una storia o dirigerla?

R: Tantissimo. Ho scritto già qualche corto, uno mi piacerebbe realizzarlo. Il mio obiettivo nella vita è la regia. Mi piace lavorare con gli attori, mi piace lavorare in team. Abbiamo fatto tre videoclip del disco e li ho girati come regista. È uno dei miei obiettivi futuri.

D: La tua serie tv preferita?

R: Oh mamma mia, che cosa difficile che mi hai chiesto. Mi piacciono molto i fantasy. Ti do una risposta a metà. Mi piacciono le saghe cinematografiche, che sono le vecchie versioni delle serie, come Il signore degli anelli. Il libro ha una potenza filosofica e spirituale straordinaria.