A tu per tu con Gianmarco Saurino

Vogliamo utilizzare proprio le parole di Gianmarco Saurino per consigliarvi di NON proseguire con la lettura e la visione dell’intervista se non avete ancora visto le prime due puntate di Doc – nelle tue mani 2: “È un problema suo (vostro!)”. A pochi giorni di distanza dalla sconvolgente morte di Lorenzo Lazzarini, Gianmarco ci ha raccontato qualche dettaglio in più sulla sua uscita di scena e sui motivi che lo hanno spinto, di comune accordo con la Lux Vide, a lasciare la serie. Abbiamo condiviso con lui qualche teoria del web su come potrebbero essere andate realmente le cose. La sua reazione? Giudicatela voi!

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Qual è stato il primo pensiero che hai avuto quando hai letto sul copione che Lorenzo sarebbe morto?

Io sapevo già che Lorenzo sarebbe morto dalla fine della prima stagione, non sapevo come e l’ho scoperto con l’arrivo dei primi copioni. Sembra strano e forse non è il termine adatto ma sono molto contento della sua uscita di scena. Secondo me il modo in cui gli sceneggiatori Viola Rispoli e Francesco Arlanch hanno deciso di far uscire di scena Lorenzo è estremamente importante. Fare uscire di scena un personaggio per covid in questo momento storico non è una trovata pubblicitaria, era il modo migliore di raccontare la realtà. Raccontare quanto il covid sia stato crudele e abbia distrutto in parte la prima linea (di medici, ndr) durante le prime ondate è stato un omaggio. Non è finita qui, noi vedremo quel che è successo a Lorenzo.

Due anni fa uscivamo sui balconi, dicevamo che ne saremmo usciti migliori e che sarebbe andato tutto bene. Come ci vedi adesso?

C’è un articolo uscito qualche giorno fa su Il foglio di Antonio Pascale che sottolineava come abbiamo analizzato solo una prima parte di un processo. “Ne usciremo migliori” in quel momento poteva funzionare, due anni dopo ciò che è mancato è stato chiedersi come, in che modalità e facendo cosa ne usciremo migliori. Non sono convinto che ne siamo usciti migliori, non so se ne siamo usciti addirittura peggiori. Credo che facessimo vomitare abbastanza prima e facciamo vomitare anche adesso.

In Doc 2 viene raccontato un mondo post-pandemia, libero da mascherine e da distanziamento sociale. Che emozione si prova a vivere, anche solo per finzione, in un mondo cosi?

È in parte schizofrenico, perché noi stavamo girando Doc mentre il covid fuori era presentissimo. È stato estremamente strano, è estremamente schizofrenica questa dissociazione tra realtà e finzione.

Parliamo di alcune teorie che ho letto in giro. In una scena del secondo episodio vediamo Andrea Fanti sognare di entrare nella stanza in cui è ricoverato Lorenzo e soffocarlo. Sul web molti pensano non si tratti di un sogno ma di un flashback. Teoria fantasiosa o verosimile?

È una teoria…sto cercando la paracu***…è una teoria attendibile. Fanti si risveglia immediatamente da quel flashaback, il che ci fa pensare che possa essere un sogno o che possa essere la sua coscienza. Di sicuro è qualcosa di legato a ciò che è successo e che racconteremo nell’ottava puntata, l’unica incentrata sul covid. Non ti so e non vi so dire se quella sia effettivamente la realtà, ma ci viene abbastanza facile pensare che non lo sia. È difficile pensare che Doc possa uccidere un suo medico. Ce ne saranno altri di flashback in queste puntate che semineranno altre informazioni. Finora abbiamo raccontato che Lorenzo è morto, ma non abbiamo raccontato come.

C’è chi pensa che Lorenzo si sia sacrificato, abbia rinunciato al respiratore per salvare la vita di Giulia…

Di sicuro è vero che parliamo di una situazione estremamente critica, parliamo di Milano durante la prima ondata. In situazioni critiche a volte si fanno delle scelte complesse.

Ho letto che l’uscita di scena in Doc era da te condivisa e che vuoi mettere un po’ da parte la tv per dedicarti al cinema. In che ruolo ti vedi?

In realtà non è esatto. Io non credo che il cinema sia più figo delle fiction e delle serie tv. Ho detto cinema perché è ciò che sta succedendo. Avevo semplicemente bisogno di cambiare modalità di espressione, vengo da tanti anni di lunga serialità girate in 6/7 mesi. Avevo bisogno di dedicarmi a progetti diversi e più corti. Se parli di progetti più corti inevitabilmente pensi al cinema, perché qui si parla di 8/9 settimane di riprese rispetto ai 140 giorni di riprese di Doc. Non lo faccio per una questione di posizionamento professionale, lo faccio solo perché avevo bisogno di cambiare aria.

Voglio farti qualche domanda un po’ più leggera. C’è stato un termine medico che proprio non riuscivi a pronunciare e che ha richiesto più di un ciak? 

Ho il computer davanti, la cerco perché era una delle battute preferite (cerca la scena in questione sul suo pc, ndr). Devo dire che sono abbastanza maniacale nella preparazione delle scene e nell’articolazione, venendo anche da una preparazione teatrale.

[Per scoprire la battuta in questione, ti consigliamo di guardare l’estratto dell’intervista che trovi al termine della pagina]

Che effetto ti ha fatto vedere una tua foto su una lapide?

Devo dire che non l’ho vista e non l’ho ancora recuperata. Però l’hanno vista i miei genitori e fa molto effetto. Come fa molto effetto e non fa più ridere che chiunque mi vede mi dice “oh ma tu non eri morto”.

Hai rubato qualche oggetto di scena dal set di Doc?

Ho rubato una cosa della prima stagione. Ho un bracciale che indossava Lorenzo. Ci eravamo immaginati che Lorenzo avesse un passato da “fricchettone” e avevo questo braccialetto di caucciù, molto easy. È una delle prime cose che mi hanno messo addosso durante i fitting di Lorenzo.

Ricordi il tuo ultimo giorno sul set? C’è stato un discorso di “addio” che hai fatto al resto del cast? 

Non l’ho fatto perché sono estremamente timido e anche perché poi è capitato di rivederci molto spesso per varie cose legate alle serie, tra foto, promozione ed altro. L’ultimo ciak che ho fatto, se ricordo bene, è stata la scena effettiva della morte di Lorenzo che vedrete nell’ottava puntata.

Tu e Pierpaolo Spollon oltre a essere colleghi siete molto amici. Cosa vi lega, oltre la comune passione per la recitazione? Hai visto i commenti e i post che ha fatto dopo la messa in onda della puntata?

Anche basta che Pierpaolo Spollon sfrutti la mia morte per aumentare i suoi follower su Instagram (scherza, ndr). Io e Pierpaolo abbiamo iniziato insieme. Su Doc abbiamo scoperto passioni in comune, a prescindere dal bene che ci vogliamo. È uno di quei rari casi in cui nel mestiere trovi una persona con la quale provi una vera affinità emotiva.

Che ne sarà invece di “Che Dio ci aiuti”? Vale lo stesso discorso che hai fatto per Doc?

Non lo so, in Che Dio ci aiuti ho fatto tre stagioni e tre stagioni sono tante. Io credo che il percorso del personaggio che interpreto sia arrivato a una conclusione, anche perché l’ultima stagione finisce in gioia e non devo morire. La realtà è che non so, ma sono convinto che anche lì siamo arrivati al capolinea. Abbiamo raccontato una storia bella e lunga, è stato un progetto stra-importante che mi ha dato tutto quello che ho in questo momento.

Il ruolo del playboy che poi capitola per amore sembra seguirti un po’ ovunque: Che Dio ci aiuti, Doc e anche in Maschile singolare. Ti appartiene anche nella vita?

Mi è capitato, mi farebbe paura dire che mi appartiene nella vita, però ci sono passato. E poi io sono un fan delle fragilità dei personaggi, mi piace trovarne delle cicatrici e delle rotture. In Maschile singolare, per esempio, questa è stata una cosa che abbiamo aggiunto in corso d’opera. Il personaggio era estremamente solido, non aveva bisogno di nessuno, l’uomo che non deve chiedere mai. In realtà a me piaceva trovare una piccola sporcatura, mi sono chiesto perché è diventato così.

Quale è stato il film che ti ha fatto desiderare per la prima volta di fare l’attore?

Ci sono dei film e delle serie che costantemente mi dicono che voglio fare questo lavoro perché vorrei arrivare a farle. C’è una serie in questo momento che mi sconvolge in ogni puntata che guardo ed è Euphoria, che per me è un capolavoro. Uno dei film in cui ho detto “io voglio fare questa roba qua” è Shutter Island.

Un’altra tua grande passione è il teatro, uno dei settori che più di tutti ha pagato e sta pagando il conto della pandemia. Ti piacerebbe tornare in scena?

È stato uno dei settori più colpiti ma era già un settore in fin di vita, la pandemia ha dato il colpo definitivo. Mi piacerebbe tornare a teatro con uno spettacolo che abbiamo mandato in streaming nell’ottobre del 2020 con la mia compagnia, si chiama Blue Thunder. È uno spettacolo che abbiamo girato come se fosse un film ma era ambientato all’interno di un teatro. Quell’operazione ha riscosso un grandissimo successo e lo abbiamo portato in scena live a Siena e riprenderemo una mini-tournée, se tutto va bene, a maggio.

Per la fine di quest’anno c’è una promessa che mi sono fatto e che entro i 30 avrei portato in scena uno Shakespeare e quindi credo che metteremo una rivisitazione dell’Otello, che racconta uno dei più grandi drammi della nostra epoca che è il femminicidio. Credo che raccontare l’Otello da un punto di vista femminile possa essere un’idea nuova.

Qual è la prima cosa che farai quando la pandemia sarà finita per sempre? 

Un viaggio lontano. La pandemia mi ha portato via un viaggio di due anni fa, avrei fatto in macchina Perù e Bolivia. Quella è la prima cosa che rifarò nel momento in cui si potrà viaggiare con serenità.

Qual è la tua serie tv preferita?

Mi metti in grandissima difficoltà. Ce ne sono tre: Breaking Bad, le prime tre/quattro stagioni di Lost e forse Game of Thrones. Però è arrivata Euphoria a gamba tesa e ti dico che in questo momento è la mia serie preferita.

Qui puoi vedere un estratto dell’intervista a Gianmarco Saurino.