I Delitti del BarLume, l’isola felice di Filippo Timi: “Nessuna mia storia è durata così tanto” (INTERVISTA)
Abbiamo intervistato Filippo Timi, che ci ha aperto le porte della sua “isola felice”: I Delitti del BarLume
Intervista a Filippo Timi
Riusciamo a raggiungere telefonicamente Filippo Timi tra una tappa e l’altra del suo tour teatrale. L’attore si trova a Foggia per portare in scena Amleto2 e si è appena mangiato un gustoso piatto di orecchiette con le vongole. Lo racconta con l’entusiasmo di chi questo lavoro ha iniziato a farlo da pochissimo nonostante siano trascorsi quasi trent’anni dal suo debutto sul grande schermo.
Entra nel nostro gruppo WhatsApp per esser sempre aggiornato su serie tv e cinemaÈ un momento particolarmente intenso e fortunato per lui. Timi si divide senza sosta tra teatro, cinema e tv riuscendo a regalare al pubblico interpretazioni mai banali e ruoli estremamente diversi. Lo scorso novembre ha interpretato le ombre e le oscurità di un poliziotto tormentato in Dostoevskij, straordinaria miniserie firmata dai fratelli D’Innocenzo.
Il 2025 è iniziato con il ritorno su Sky de I delitti del BarLume con la dodicesima stagione. Quel fantastico mini-mondo formato dal suo Massimo Viviani e la cricca di over 70 un po’ curiosi (i “bimbi”) al suo seguito è stato protagonista di tre nuovi appuntamenti che hanno appassionato il pubblico.
Per Timi quel circolo di detective amatoriali è diventato una vera e propria famiglia. Da ormai più di 10 anni l’attore ritorna all’Isola d’Elba, che fa da cornice ai casi raccontati nella serie e che oramai definisce “casa”. Lunedì 27 gennaio va in onda il terzo e ultimo appuntamento della stagione. In attesa di un nuovo ciclo di episodi che, visti i soddisfacenti risultati raccolti, è tutt’altro che improbabile.
D: La prima domanda è d’obbligo. Ci sarà una tredicesima stagione?
R: Ma io spero proprio di sì perché già mi manca. So che la prima puntata è andata stra-bene, abbiamo fatto record di ascolti quindi sono contento. Incrocio sempre le dita.
D: In questa nuova stagione Massimo abbandona campagna, capre e formaggi e torna a Pineta e soprattutto al suo amore per i casi irrisolti. Cosa puoi anticiparci sul gran finale?
R: Ci prova a tornare. Secondo me neanche le capre riescono a stare lontane dal BarLume. Non vorrei spoilerare troppo. Il tema di queste puntate sono stati due: dove andare a vivere e riuscire a trovare uno straccio di affetto. Dipende tutto dal buon cuore di Roan Johnson (regista e sceneggiatore, ndr).
D: Massimo è un personaggio che interpreti ormai da più di 10 anni. Come ti ha cambiato, se ti ha cambiato, in questi anni e come è cambiato lui grazie a te?
R: Ti svelo un segreto per me bellissimo. Massimo Viviani è davvero l’incontro tra me e Roan Johnson. Roan mi manda i vocali con i copioni. È molto raro che un regista faccia questa cosa. È fantastico, in questo modo sento il ritmo delle scene come lui le pensa. Necessariamente dà delle sue sfumature a Massimo e io, anche inconsciamente, mi trovo a rifarle. Quindi Massimo è un misto tra l’ironia di Roan Johnson e la mia timidezza, camuffata da una burberità accentuata. Massimo è cambiato negli anni nella misura in cui io e Roan ci conosciamo sempre di più. È un personaggio che si nutre di entrambi i cuori. Se fossi in quelle condizioni e con quei vecchietti rompic*glioni sarei probabilmente un po’ così. Il BarLume però è un’isola felice che è impossibile attualizzare nella vita reale. Nessun mio rapporto sentimentale è durato quanto il BarLume.
D: Il primo film della dodicesima stagione de I Delitti del BarLume è dedicato a Marcello Marziali, Gino della combriccola dei “Bimbi” del bar. Vi è mancato sul set?
R: Ho un ricordo stupendo di lui. Dei quattro “bimbi” era quello che dava un colore irresistibile. Aveva un’energia e una fisicità inimitabili. Ho apprezzato moltissimo la delicatezza di Roan di non sostituirlo ma di inventare un paradiso alternativo per lui. Un tocco di grazia da parte del regista.
D: Ti va di condividere un ricordo dal set?
R: Quando facevamo le prove aveva una memoria ferrea. Quando arrivavamo sul set, siccome era un emotivo, dimenticava qualsiasi cosa e per questo il regista si nascondeva nei posti più improbabili per imboccargli le battute. Altra cosa stupenda è che lui faceva teatro quando in alcune compagnie venivi pagato secondo la quantità di battute che dicevi. Per questo durante le scene corali Marcello sporcava sempre i finali aggiungendo qualche battuta con questa idea del “Più battute dico, più soldi mi arrivano” (ride, ndr). Era meraviglioso.
D: I bar di paese sono un po’ gli antesignani dei social network, una sorta di piazza in cui tutti parlano di tutto e in cui si incontrano i personaggi più variegati. Ti capita di frequentarli per trovare ispirazione per il tuo lavoro?
R: Analisi perfetta, solo che non puoi scrollarli. Non mi capita di frequentarli per quel motivo. Vado al bar la mattina presto quando porto il cane a fare pipì ma sono talmente rinco*nito che potrebbe esserci Naomi Campbell e io non me ne accorgo. Forse non ho ancora imparato a godermi quel dolce far nulla, quello spettegolare. Magari ci arriverò tra un po’ di anni.
D: La Toscana è ormai diventata un po’ una seconda casa per te. Che effetto ti fa ogni anno tornarci e ritrovare “Pineta”?
R: Lo hai detto tu, è casa. Noi giriamo su un’isola (l’isola d’Elba, ndr) e gli isolani hanno bisogno di tempo prima di accettarti, perché hanno la sindrome dell’abbandono. È come andare in vacanza. Tornarci ogni anno è bellissimo ma proprio per le persone che ci vivono. Ti cito due persone che sono diventate mie amiche: Gea, che ha un bar che si chiama proprio Bar Lume, e Piero del Rendez Vous, dove mangiamo il pesce alla brace più buono del mondo. Siamo davvero una famiglia. Spero che ogni attore incontri il suo BarLume nella sua vita.
D: In passato I delitti del Barlume ci ha abituato a guest star d’eccezione. Faccio i nomi di Mara Maionchi, Orietta Berti per citare i nomi più pop. In questa dodicesima stagione abbiamo visto Cristiano Militello nella prima puntata. E se dovessi scegliere tu una guest star d’eccezione chi vorresti?
R: Io ce l’avevo ma purtroppo non c’è più: è Jessica Fletcher (La signora in giallo della tv, ndr). Avevo l’idea di lei che veniva in bicicletta al bar a chiedermi un caffè. Io sono affezionato a quel personaggio, le sue capigliature anni ‘80, quei gioielli assurdi e improbabili.
D: Smessi i panni del “detective” sei un fan del true crime o del crime in generale? Ti porti il “lavoro” a casa?
R: È un periodo in cui non guardo molte serie tv ma è una fase dettata anche dal lavoro, perché sto lavorando davvero tanto. Sono tre anni che ascolto musica, scrivo e lavoro. È come per i pasticceri. Quando lavori tanto in pasticceria non hai voglia di mangiare troppi dolci, non ce la fai. Mi appello al primo emendamento di Umberto Eco, che disse che parte del lavoro di chi fa arte è anche ripulire la mente. Quando ho un giorno libero guardo I delitti del BarLume.
D: Ti ho visto di recente in Dostoevskij e ho immaginato un possibile incontro tra Massimo ed Enzo Vitello. Come andrebbe a finire secondo te?
R: Ma no, sei pazzo (scherza, ndr). È un incontro impossibile. Due personaggi diversissimi. Mia madre mi ha detto ‘Amore, ho visto la prima puntata di Dostoevskij ma forse ti preferisco nel BarLume’. Sono due progetti talmente diversi e talmente speciali che si valorizzano.
D: Sei tornato da poco a teatro. Di cosa si tratta?
R: Sono in tour con Amleto2. Ho rimesso in scena il mio primo spettacolo. Ci si pone di nuovo porsi la domanda ‘essere o non essere?’.
D: È cambiata la risposta nel corso degli anni?
R: Cambia assolutamente. Prima c’era una separazione tra l’essere e il non essere. Adesso con l’esperienza e i deserti affrontati capisci che l’essere appartiene al non essere e viceversa. Il giorno comincia dalla notte. Sono fondamentali entrambe le cose. Sia la caduta che il volo.
D: Qual è la tua serie tv preferita?
R: Da poco mi hanno fatto conoscere Rick and Morty. Da una certa stagione in poi è diventata super interessante la drammaturgia perché parla di multiverso. C’è una puntata in cui lui crea un clone che crea a sua volta un suo clone e così via in una specie di catena finché i personaggi diventano bidimensionali. È una serie con un linguaggio davvero interessante ed è bello che sia un cartone.