American Horror Story 6×05: il fascino letale dell’arte (RECENSIONE)
American Horror Story 6×05: un episodio colmo di tensione, ma non privo di qualche piccola scivolata. Tra i delitti e…
American Horror Story 6×05: un episodio colmo di tensione, ma non privo di qualche piccola scivolata. Tra i delitti e l’orrore, ecco il nostro punto di vista.
Dopo settimane di insofferenza, l’entrata in scena di Evan Peters in American Horror Story 6×05 non poteva che avvenire in grande stile: non soltanto l’attore è stato annunciato – come si fa per i grandi – da Ryan Murphy in persona poche ore prima della messa in onda dell’episodio, ma è anche arrivato su una ricca carrozza trainata da cavalli coi pennacchi e rivestita al suo interno di costoso velluto, mentre affacciava lo sguardo fiero sui terreni acquistati, indossando una marsina da grande occasione e cullando fra le braccia una delle amate opere d’arte. Sì, perché Edward Philippe Mott è stato il pretesto degli autori per dipingere in modo del tutto inusitato un uomo ossessionato per incompatibilità coi tempi dall’idea patologica che chiunque intorno a sé potesse giudicarlo nell’intimo, e per questo incline a trovare consolazione tanto in un privato romitaggio quanto soprattutto nell’arte.
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Il motivo del potere consolatorio delle arti, dalla letteratura alla pittura, è sì assai noto, eppure mai del tutto scontato: l’arte è una delle immortali e più precipue risposte umane a qualsiasi genere di immanente sofferenza, massimamente a quelle di portata esistenziale. Lo sapeva bene un visionario come Rimbaud, quando per rompere le invincibili convenzioni sociali che non voleva lo inquadrassero scappò con Paul Verlaine per trovare pace nell’intimo connubio del loro ingegno. La propria, come quella dell’altrettanto fragile Mott e del suo addomesticato Guinness, fu una fuga letale.