Elena Radonicich a caccia di uno spietato serial killer: intervista alla protagonista di Brennero
Elena Radonicich è la pm Eva Kofler ed è la protagonista di Brennero, la nuova serie tv crime targata Rai Uno: la nostra intervista
L’intervista a Elena Radonicich
Un pericoloso serial killer che torna a colpire dopo anni di silenzio e una giovane pm incaricata di risolvere il mistero. Parte lunedì 16 settembre su Rai Uno Brennero, la nuova serie crime prodotta da Rai Fiction e Cross Productions che vede Elena Radonicich come protagonista principale.
Entra nel nostro gruppo WhatsApp per esser sempre aggiornato su serie tv e cinemaSuo il ruolo di Eva Kofler, un pubblico ministero di origine tedesca chiamato a indagare su alcuni misteriosi omicidi commessi dal cosiddetto ‘Mostro di Bolzano’. In questa avvincente caccia all’uomo Kofler si avvarrà dell’aiuto dell’ispettore Paolo Costa (interpretato da Matteo Martari).
Nonostante i pregiudizi iniziali e le divergenze sostanziali delle loro reciproche personalità, Eva e Paolo inizieranno pian piano a convivere e a collaborare investendo le loro energie per la risoluzione del caso. A fare da sfondo alla storia raccontata in Brennero le bellezze naturalistiche di Bolzano e del Sudtirolo, un territorio che incorpora pienamente i dualismi e i conflitti dei protagonisti. A pochi giorni dal debutto Ciak Generation ha intervistato Elena Radonicich, che ha rivelato qualcosa anticipazione sulla nuova fiction Rai.
D: In Brennero vesti i panni di Eva Kofler, una pm chiamata a indagare su un caso che coinvolge uno spietato serial killer, il Mostro di Bolzano. Cosa puoi anticiparci?
R: Eva è un sostituto procuratore che viene da una famiglia benestante. Il padre era a sua volta un procuratore capo. Sembra una donna completamente inquadrata dentro il suo ruolo, che ha fatto le scelte più giuste per rimanere dentro i binari consueti. È però una donna che si trova all’interno di un nuovo processo di autodeterminazione. Scopre, grazie al caso che le viene affidato, che deve fare qualcosa per uscire da questo guscio di prevedibilità che si è costruita. Attraverso il caso e con l’incontro con Paolo Costa si scatena un processo che la porterà a scoprire delle cose nuove di sé stessa, ad allontanarsi parecchio anche dalle aspettative che gli altri hanno su di lei (prime fra tutte quelle del padre).
D: In questa caccia all’uomo Eva si avvarrà dell’aiuto dell’ispettore Paolo Costa, che rappresenta un mondo completamente distante dal suo. Riusciranno a mettere da parte le divergenze e a collaborare?
R: Eva sceglie Paolo perché, nonostante le sia ostile e non la valuti di particolare livello, vede in lui un istinto e un’animalità che le serve. A Eva interessa il punto di vista di Paolo perché capisce che è molto utile al caso e ha qualcosa nel suo carattere che la fa crescere. Lei lo sceglie perché è difficile. È il primo grande tassello che la porta al cambiamento. Avranno diversi scontri, la loro non è una relazione semplice.
D: Sin dalle prime puntate si evince che Eva vive una sorta di “sfida nella sfida”, perché combatte costantemente contro un pregiudizio e l’idea di non essere mai abbastanza brava.
R: Il pregiudizio è un altro dei temi fondamentali di questa serie. Lei stessa è vittima di un pregiudizio, sente la necessità di liberarsene. La sfida reale di Eva è anche quella di emanciparsi dal padre, che è una figura molto importante per lei a cui è molto legata. Il padre inizia ad avere un problema di salute e a diventare più fragile. Eva cerca di rivendicare la propria identità senza ferirlo e di crescere “uccidendo” quella figura ingombrante, metaforicamente parlando. È interessante questo processo di liberazione, che però avviene nell’amore e anche nella sofferenza. Mentre lei scopre le sue doti e la sua identità, il padre sta perdendo strada. E poi c’è ovviamente il desiderio di riuscire lì dove lui ha fallito anni prima.
D: La serie è girata interamente a Bolzano, che non sembra essere soltanto una location ma un vero e proprio personaggio che porta con sé lo stesso dualismo che contrappone Eva e Paolo.
R: È proprio così. La situazione storica e anche quella che andrà poi a delinearsi nella serie, con le tensioni tra la comunità di lingua italiana e la comunità di lingua tedesca, si rispecchiano nei nostri personaggi. Loro dovrebbero essere i primi a essere scevri da ogni pregiudizio ma scopriamo essere i primi ad averne. Uno dei processi a cui lavorano è proprio questo: accorgersi dei propri limiti e delle proprie convinzioni sbagliate. La città di Bolzano perciò diventa davvero una protagonista della serie non solo per le ambientazioni e l’atmosfera ma anche perché è il teatro perfetto dentro il quale avviene questa storia.
È stato molto bello vivere per circa sei mesi lì. Girare nei luoghi è sempre un’occasione straordinaria per conoscerli sotto un’altra veste. Mi è molto piaciuto lavorare a Bolzano perché si sta bene. La natura incombe in una maniera molto forte, c’è una qualità della vita molto alta.
D: So che è troppo presto parlare di una seconda stagione ma ti piacerebbe ritornare nei panni di Eva. Pensi ci sia ancora da raccontare?
R: Penso di sì. Questo dipende dalle sapienti penne degli sceneggiatori. È un personaggio che arriva a un cambiamento al termine di questa stagione per cui sarebbe interessante vedere cosa farà di questo cambiamento. Non è certamente una storia che si esaurisce. A me le storie interessano molto e quello che mi interessa di più è il modo di raccontarle. Credo che questa modalità qui abbia ancora qualcosa da dire.