foto di Roberta Krasnig

Camille Dugay si racconta a Ciak Generation

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Un esordio quando era ancora una bambina in Cuore sacro, celebre film di Ferzan Ozpetek. Poi una lunga pausa in cui ha momentaneamente messo da parte il mondo del cinema per dedicarsi all’università. Camille Dugay in questi anni ha coltivato la sua vera passione, seguendo la scuola dell’Oltrarno diretta da uno dei volti più amati del cinema italiano (Pierfrancesco Favino).

Dal suo illustre maestro ha carpito insegnamenti e segreti, che le hanno permesso di riprendersi quel mondo che aveva accantonato. Nelle ultime settimane Camille Dugay è impegnata su due diversi fronti: da un lato c’è Django, serie targata Sky Atlantic in cui veste i panni della moglie del protagonista, dall’altra c’è La legge di Lidia Poet, nuovo show Netflix che racconta la vita della prima donna in Italia ad entrare nell’Ordine degli Avvocati.

Due donne forti, indipendenti e sognatrici con cui condivide valori e idee. Camille ha raccontato tutto questo e tanto altro durante una lunga chiacchierata con Ciak Generation. Ecco cosa ci ha detto.

D: In Django interpreti il ruolo di Margaret, l’ex moglie del protagonista e madre di Sarah. Cosa puoi raccontarci in più di lei?

R: Margaret esiste soltanto nei flashback e questo da attrice è stata una bellissima opportunità. La funzione narrrativa dei flashback è molto intensa, ha dato modo di raccontare e di scavare nel mondo di Django e della sua famiglia, un rapporto di una coppia estremamente moderna. Margaret è una donna molto forte, coraggiosa e anche un pizzico incosciente nell’inseguire una vita on the road. In questo costruisce un rapporto molto paritario con Django.

D: Margaret viene descritta come “una donna forte e indipendente che non potrebbe mai soccombere alla durezza della vita”. Quanto ti rispecchia questa descrizione?

R: Sicuramente ho cercato di portare qualcosa di mio nel personaggio, una dolcezza forte e una tranquillità molto centrata. Margaret mi ha insegnato molto sul coraggio dei sentimenti come l’amore, in apparenza leggeri ma che in realtà non lo sono per niente. Anche se è una donna molto forte e che non sorride mai, è comunque una donna dotata di una dolcezza ponderata.

D: I primi quattro episodi di Django sono diretti da tua madre, la regista Francesca Comencini. Volevo chiederti come è stato lavorare con lei? Il “trattamento” che ti ha riservato è stato più severo, più materno o identico a quello riservato agli altri attori?

R: È stato molto bello perché mia madre è una regista che stimo. È stato un grande piacere lavorare con lei, è la prima volta che capitava dopo le mie esperienze da bambina. Ho avuto un trattamento identico rispetto a quello degli altri, è una regista che ama molto gli attori e instaura un rapporto molto forte con loro.

D: In Django hai recitato in lingua inglese. Sognando in grande, c’è una produzione internazionale di cui ti piacerebbe far parte?

R: Se potessi tornare indietro mi piacerebbe recitare in Fleabag o comunque in qualsiasi cosa con Phoebe Mary Waller-Bridge.

camille dugay
Camille Dugay in Django (© Sky)

D: Ti troviamo anche nella prima stagione de La legge di Lidia Poet su Netflix nel ruolo di un’anarchica francese. Quanto pensi sia importante, ancora oggi, raccontare la storia di donne come la Poet? 

R: Direi che è fondamentale. Credo che la forza di questa serie è che è anche molto attuale. Racconta la storia di una donna che ha un grande coraggio nel sovvertire un ordine che le viene imposto e decide di non credere al fatto che quella a cui è destinata è la posizione che fa per lei. Ogni sua mossa, ogni sua azione è volta a costruire una nuova narrativa per la donna perché crede fortemente in quello che fa. Credo che questo messaggio sia importantissimo ancora oggi.

D: C’è una donna che ha fatto la storia che vorresti interpretare?

R: Ce ne sono tanti, dalle eroine letterarie a delle donne realmente esistite. Se venisse fatto un biopic su un’autrice mi piacerebbe interpretare Virginia Woolf.

D: Tu hai iniziato giovanissima a recitare. Sei stata la bambina protagonista del film di Ferzan Ozpetek, “Cuore sacro”. Poi c’è stata una lunga pausa di più di 10 anni. Cosa è accaduto in quel periodo?

R: Mi sono concentrata principalmente sugli studi. Mi sono laureata in ‘Relazioni internazionali’ e ho proseguito per quella traiettoria per un po’ di tempo. A un certo punto ho deciso poi di ritornare a quella che era la mia passione e ho frequentato la scuola dell’Oltrarno di Firenze, diretta da Piefrancesco Favino, e da lì si sono incatenate per fortuna tante esperienze.

D: A proposito di Pierfrancesco Favino, che insegnante è stato e cosa ti ha trasmesso?

R: Ci ha dato tantissimo sia dal punto di vista dell’insegnamento tecnico che sul rispetto che ha per questo lavoro. È una persona che lavora con devozione, si prepara tantissimo, ci ha insegnato a essere attori a 360 gradi. Abbiamo ricevuto una formazione che non riguardava soltanto la recitazione ma ci ha permesso, ad esempio, di avere dei professori di storia della musica o di storia dell’arte. Ci ha insegnato a prendere questo lavoro con grande rispetto e serietà.

D: Quali sono, secondo te, i valori imprescindibili per poter fare questo lavoro?

R: Uno su tutti è sicuramente la curiosità. Ti permette di esplorare a fondo i personaggi che incontri, i mondi in cui ti muovi, a dire ciò che ti viene chiesto di dire senza dare un giudizio. La curiosità è un elemento necessario anche quando non si lavora, perché ti permette di coltivarti come persona.

D: Ti riguardi? Che giudizio ti dai come attrice?

R: Ti confesso che faccio grande fatica a rivedermi, salto le mie scene e riguardo principalmente le scene degli altri e il mondo che viene costruito. Cerco di sforzarmi a rivedermi solo per cercare di imparare. Tuttavia penso che nel momento in cui hai fatto il tuo, quel prodotto diventa di qualcun altro e cioè del pubblico.

D: La tua serie tv preferita in assoluto?

R: Ce ne sono tantissime. La prima che mi ha aperto al mondo delle serie è Six Feet Under, un evergreen.