Le parole di Damiano Gavino

Damiano Gavino è sicuramente una delle rivelazioni dell’anno che sta per concludersi. Il 2021 ha regalato al giovane attore romano il debutto sul piccolo schermo nella fiction di Rai Uno Un professore. La serie, con protagonisti Alessandro Gassmann e Claudia Pandolfi, ha raccontato una storia che è entrata nel cuore di persone di tutte le età. Il rapporto di amicizia/amore tra Simone e Manuel, in particolare, ha conquistato il pubblico di giovanissimi che ha letteralmente preso d’assalto i social per commentarne ogni minima evoluzione.

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Damiano ha stupito tutti, addetti ai lavori e telespettatori, per la sua naturale propensione alla recitazione nonostante, come lui stesso ha confessato, non abbia mai seguito una lezione. Abbiamo parlato con lui di quell’epilogo che ha lasciato parecchie cose in sospeso tra i “Simuel“, un finale ‘non finale’ che ha difeso con forza. Ci ha poi rivelato qualche curiosità dal dietro le quinte della serie, le scene più difficili da girare e le amicizie che ha creato grazie al set. E sulla seconda stagione, ha le idee abbastanza chiare…

Quello in “Un professore” per te è stato un debutto assoluto: ti aspettavi di ottenere un successo così grande?

Durante il corso delle riprese è un po’ difficile pensare al dopo. Abbiamo finito di girare più o meno a giugno e ho avuto l’opportunità di metabolizzare e di pensare a quello che abbiamo fatto. Quando è arrivato il successo l’ho preso con molta felicità ma anche con i piedi per terra. Sono felicissimo ma so anche i rischi che può comportare.

È vero che non avevi mai studiato recitazione prima di sostenere il provino?

È vero, tant’è che mi sono stupito anche io di saperlo fare discretamente. È stata una bellissima sorpresa e devo dire che durante le riprese è stata una grande sperimentazione del tutto. Sono cresciuto molto dal punto di vista recitativo e anche emotivo, perché è una cosa che emotivamente ti tiene molto occupato. Sono molto contento di quanto io sia cresciuto e che io abbia avuto questa opportunità di crescere anche tramite persone disponibilissime, dal regista alla troupe. Sì, comunque non avevo mai studiato recitazione tranne che in qualche recita alle elementari o alle medie.

Ho letto che a scuola hai subito bullismo. Quanto hai sofferto per questo e quanto ti ha aiutato nel tuo lavoro? 

L’ho subito più o meno in prima media e soprattutto l’ho subito da persone che reputavo miei amici. Il colpo forte è stato quello, è stato un trauma per me perché è stato incredibile vedere quanto delle persone, per dei presupposti che neanche io sapevo, potessero fare del male a un’altra persona con la quale stavano crescendo, con la quale avevano creato un rapporto.

Mi ha aiutato molto da un punto di vista lavorativo. Manuel parte come bullo, può essere definito un bullo soprattutto nei confronti di Simone. Però è bellissimo vedere come dal bullismo si può passare a un’amicizia. Dalla mia esperienza ho creato delle amicizie perché loro hanno avuto il coraggio di chiedermi scusa e io ho avuto il coraggio, forse più elevato, di perdonarli. E dal perdono si può passare a un’amicizia ed è questo che mi ha aiutato a interpretare Manuel: dal bullismo passa ad avere un rapporto con Simone (che sia du amore o di amicizia fraterna) con dei sentimenti forti. Io adesso tuttora sono amico con le persone che mi hanno bullizzato.

Ho letto in giro che eri stato anche preso in considerazione per il ruolo di Simone. È vero?  

Sì, è vero. Claudia Marotti, che è stata la casting del progetto, inizialmente mi aveva contattato sia per Simone che per Manuel quindi ho fatto il self tape con le stesse identiche scene interpretando sia Simone che Manuel. Mi sono trovato più a mio agio a interpretare Manuel sin da subito. Penso che sia Claudia Marotti che Alessandro D’Alatri (il regista, ndr) se ne siano accorti da subito.

Ricordi il primo giorno sul set?

Il primo giorno lo ricordo e mai lo dimenticherò. Era inizio dicembre, quindi faceva freddo e avevo la sveglia alle 5.30 del mattino. Io sono uno di quelli che non accetta la fine dell’estate e non mi copro mai abbastanza, avevo una giacca leggerissima. Salgo in macchina e c’era l’autista che mi disse “hai un po’ freddo?”, perché tremavo tutto. La prima scena che dovevo girare era con Francesca Colucci, che interpretava Chicca, e in quella scena eravamo fidanzati. Era una scena a casa sua e io ci dovevo provare fisicamente con lei. È stato abbastanza imbarazzante perché non avevamo la confidenza adatta per fare quel determinato tipo di cose. Ogni volta che ci vediamo con Francesca ricordiamo quel momento e ridiamo come matti. Poi abbiamo creato una grandissima confidenza, le voglio un bene dell’anima, è un’amica e ridiamo molto insieme.

Come è stato lavorare al fianco di Alessandro Gassmann e Claudia Pandolfi? Ti hanno dato dei consigli particolari?

Lavorare al fianco di Alessandro e Claudia è stata una scuola pazzesca. Io avevo molti giorni di lavoro e ho trascorso molti giorni sul set, perciò ho avuto la possibilità di vederli recitare insieme. E’ stato pazzesco perché guardare degli attori così navigati e così professionali ti fa rendere conto di cosa vuol dire recitare. Io ricordo il primo giorno che avevo una scena con Claudia. In questa scena dovevo abbracciarla però evidentemente al primo ciak ho fatto un abbraccio abbastanza timido. E quindi allo stop Claudia è venuta da me e mi ha detto “è sempre meglio dare troppo che troppo poco, tendi sempre a dare di più”. E questa è una cosa che ho portato avanti per interpretare il rapporto tra Manuel e la mamma e in generale nel corso delle riprese.

Poi ricordo anche un consiglio di Alessandro Gassmann, che mi ha indicato come la macchina da presa si muoveva in determinate situazioni, mi ha spiegato come “spallarsi”, come falsare le posizioni per farsi vedere dalla macchina da presa. Penso che la professionalità di un attore si veda anche in questo, nell’essere disponibile ad aiutare un esordiente o comunque uno alle prime armi.

Con Nicolas Maupas (Simone) siete amici anche fuori dal set. Cosa vi lega, a parte la comune passione per la recitazione?

Siamo amici con Nicolas, si è creato un grande rapporto. Credo che un set possa creare dei rapporti molto stretti perché ci si conosce molto a fondo. Specialmente io e lui, che avevamo molte scene insieme, ci siamo conosciuti anche emotivamente. Continuiamo a sentirci e continuiamo a vederci a volte. Credo che ciò che ci lega è l’autoironia, la capacità di ridere di noi stessi ogni volta che ci vediamo ci prendiamo in giro e ricordiamo dei momenti sul set che ci hanno fatto ridere. È una brava persona e abbiamo creato un bel rapporto di amicizia.

Parliamo un po’ di quello che è accaduto nelle ultime puntate: nel penultimo episodio vediamo una violenta lite tra Manuel e Simone con il tuo personaggio che evita di parlare di quanto accaduto tra di loro. Secondo te Manuel ha reagito in quel modo perché è pentito di quello che è successo o perché ha iniziato a capire che c’è più di una semplice amicizia fraterna? 

Io credo che quella lite derivi principalmente dall’imbarazzo di Manuel. A mio avviso quando qualcuno fa una determinata cosa che non pensava di poter fare, di riuscire a fare o di voler addirittura fare tende un po’ a evitare il discorso, anche un po’ a minimizzarlo. Quindi penso che la lite derivi principalmente dall’imbarazzo di Manuel per quel che è successo, non è rabbia è solo imbarazzo.

Molti sul web si sono lamentati dei pochi dialoghi tra Simone e Manuel nell’ultima puntata. Qualcuno ha scritto che persino il mandarino di Dante ha avuto un finale migliore del loro. Sei d’accordo?

Il mandarino ha avuto un finale molto simpatico e molto significativo (ride, ndr). Credo sia sbagliato proprio parlare di finale per Simone e Manuel perché comunque è una storia, qualunque cosa sia (che sia amore, che sia amicizia), che andrà avanti. Sono sicuro sia anche sbagliato di parlare dei pochi dialoghi che hanno avuto durante l’ultima puntata perché secondo me la scena al cimitero infantile vale più di mille parole e di mille dialoghi.

È una scena molto significativa, mi ricordo sul set da subito noi ed Alessandro D’Alatri l’abbiamo definita “il passaggio di testimone”. Simone chiede a Manuel di accompagnarlo in quel determinato posto, Simone chiama Manuel quando trova la tomba e la cosa principale che viene da fare a Manuel è quella di abbracciarlo. Secondo me Simone trova in Manuel il rapporto che avrebbe potuto avere con Jacopo.

La seconda stagione è stata ufficialmente confermata dalla Rai. Come vorresti che evolvesse il rapporto tra Simone e Manuel? La speranza dei fan è che Simone e Manuel seguano le orme dei loro alter ego Bruno e Pol.

Io la serie originale non l’ho vista perché avevo paura di perdere la naturalezza e la credibilità che avrei potuto dare a Manuel, so a grandi linee la storia. Forse vorrei un po’ più di consapevolezza soprattutto da parte di Manuel ma anche da parte di Simone. Vorrei che crescessero come persone, in questa stagione erano in terzo liceo e sarà passato un po’ di tempo quando gireremo la seconda stagione, perciò magari saranno anche un po’ più maturi. Non so nulla della seconda stagione, non so se seguiranno le orme di Bruno e Pol. Vedo sui social molte scene messe a confronto.

Tu cosa ti aspetti però? Vorresti un’evoluzione dei personaggi a prescindere dal loro rapporto?

Sì, mi piacerebbe vedere la crescita personale e la maturità più evoluta rispetto a questa stagione da parte di tutti e due.

C’è stato un momento in cui hai pensato “Manuel, che cavolo stai facendo?

Ricordo che, principalmente le prime volte in cui leggevo la sceneggiatura, dicevo “come è possibile?”. Però poi ho capito che il mio lavoro non sta nel chiedere “che stai facendo?” al personaggio ma “perché lo stai facendo?”, quindi mi sono concentrato principalmente su quello. Per dare verità alla scena devi chiederti perché il personaggio sta agendo in quel modo. Comunque l’ho pensato più volte, specialmente nelle scene in cui andava allo sfascio e si metteva in pericolo.

Se dovessi scegliere il tuo personaggio preferito della serie, chi sceglieresti? 

Sceglierei Anita perché mi ha colpito molto la personalità che ha. Mi fa sorridere perché ha una maturità che a volte può sembrare un po’ infantile e ingenua, ma allo stesso tempo è stata una donna in grado di crescere suo figlio da sola ed è un personalità molto forte. Anche il modo in cui Claudia Pandolfi l’ha interpretata fa molto ridere, io mi sono ammazzato dalle risate nella scena in cui lei prende una statua dopo le avances di un uomo e dice “mo te lo do in testa”.

Un professore è diventato un vero e proprio fenomeno mediatico sui social e in particolare su Twitter: le ultime puntate hanno avuto più di 100k tweet, ci sono centinaia di fancam dedicati ai Simuel. Come hai reagito a tutto questo?

Principalmente mi fa molto ridere. Io mi sono iscritto su Twitter a fine novembre, non sapevo nemmeno dell’importanza che poteva avere questo social e da subito sono stato avvolto da una bolla di complimenti, di elogi e di questi video che fanno anche molto ridere. Però allo stesso tempo mi ha fatto capire l’affetto che le persone possono darti, le emozioni che tu attore puoi dare tramite un progetto, quindi per me è stato davvero incredibile questo. E’ stato un modo per vedere cosa il mio lavoro può scaturire in una persona e in una vita di uno sconosciuto che crede anche un po’ di conoscerti. Sono molto contento del successo che ha avuto, siamo andati in tendenza mondiale. Credo ci siano stati 130mila tweet durante l’ultima puntata. È stata una cosa pazzesca.

Sai dell’esistenza di due profili “fake” di Simone e Manuel che commentavano quello che accadeva nella serie come se fossero loro?

Me ne sono accorto l’ultima settimana della messa in onda, però mi ha fatto molto ridere questa cosa. Io prima dell’ottava puntata ho detto il cognome di Manuel che volevano sapere tutti e poi ho capito che gli serviva anche per questo. Ho guardato un po’ a grandi linee il profilo e mi ha fatto molto ridere perché commentavano quello che accadeva come se fossero loro. Anche questo vuol dire che comunque abbiamo trasmesso qualcosa di forte.

Ci racconti qualche aneddoto o retroscena divertente che ti è accaduto sul set? 

Uno in particolare lo ricordavamo l’altra volta con Nicolas. Erano le prime settimane, dovevamo girare una scena di una lite molto forte. Io dovevo arrivare in moto molto velocemente, dovevo sgommare, buttare giù il cavalletto e prenderlo di forza. Il fatto è che io ho imparato a portare la moto per la serie, stavo ancora facendo le lezioni, quindi non avevo ancora la scioltezza. Ricordo che al primo ciak danno l’azione, io parto ma evidentemente vado troppo veloce, sgommo, perdo il controllo e mi scivola la moto. Io resto con la moto così e ho detto “scusate, rifaccio”. Ogni volta che lo ricordiamo ci facciamo delle risate incredibili.

Anche durante le scene che abbiamo girato in classe c’era un continuo ridere. C’era Davide Di Vetta che interpretava Matteo e molte delle sue battute non erano scritte, quindi D’Alatri gli ha lasciato molta libertà nell’improvvisare e lui ha fatto molte battute che non ci aspettavamo e dovevamo stare al gioco. Magari in quella puntata io ero arrabbiato con lui e non potevo ridere alle sue battute, quindi era una cosa molto difficile.

Quale è stata la scena in assoluto più difficile da girare?

Mi verrebbe da dire la scena al cimitero. Ricordo di essere arrivato sul set in cui c’era una situazione abbastanza pesante perché è comunque un cimitero vero. In più abbiamo dovuto girare nell’area dedicata al cimitero infantile. Ricordo di essere arrivato e di aver visto queste lapidi con girandole e orsacchiotti, è qualcosa di molto forte che ti coinvolge molto. Ricordo anche di aver pianto sul set, ero molto triste. Per questo dico che la scena del cimitero vale più di mille parole perché non ci sono battute, Simone mi dice “è qui”, io lo raggiungo e lo abbraccio. Spesso le scene in cui non si parla sono le più difficili.

Tua sorella Lea farà parte del cast della quinta stagione di Skam Italia. Come avete reagito ai rispettivi ruoli? Che consiglio senti di darle?

Siamo stati felicissimi, sappiamo dell’importanza del progetto. Lei interpreterà Viola ed è un ruolo molto importante. Io se sono in questo mondo lo devo a lei. Io sono molto più istintivo nel recitare, lei è molto più studio, è in un’accademia. Quello che mi sento di dirle è stare al ritmo del set perché possono esserci delle giornate in cui il ritmo può essere molto molto alto e può farti perdere la concentrazione. Dal punto di vista della recitazione è lei che mi ha dato i consigli. Mi ricordo che abbiamo preparato il provino per Manuel insieme, lei mi è stata accanto da subito. Anche io adesso le do le battute per studiare le scene del giorno dopo. Ci sopportiamo e ci supportiamo a vicenda.

Se non avessi fatto l’attore, quale sarebbe stato il tuo piano B?

Francamente non te lo so dire, perché comunque è un’opportunità che mi si è presentata appena avevo scelto il percorso di scienze della comunicazione. Inizialmente avevo anche intenzione di continuare ma poi mi sono reso conto di non potercela fare. Quindi non ti so dire quale sarebbe stato il mio piano B e ora come ora non voglio neanche considerarlo perché voglio dare tutto per questo lavoro. Ho capito quanto può fare del bene, quanti messaggi può mandare e quindi mi concentrerò solo sulla mia carriera.

Progetti futuri: c’è qualcosa in ballo? Dove ti vedremo in futuro?

Ho fatto dei provini, adesso c’è da aspettare. Ho preso la decisione di cominciare a studiare recitazione, quindi di mettermici 24 ore su 24. Per progetti futuri c’è un po’ da aspettare.

Qual è il tuo attore preferito in assoluto?

Sono indeciso tra Matthew McConaughey e Christian Bale, forse McConaughey.

Ho fatto la stessa domanda anche a Massimiliano Caiazzo di Mare Fuori in una recente intervista e visto il successo che ha avuto la faccio anche a te: se ci fosse una versione americana di Un Professore, chi vedresti nel ruolo di Manuel?

Bella domanda! A Hollywood tutti i ruoli giovanili li prende Timothée Chalamet, ma non ci vedrei lui. Forse qualcuno di Peaky Blinders, quello che interpreta John (Joe Cole, ndr). C’è bisogno di un po’ di cattiveria, di un po’ di vita vissuta.

Sogna in grande: il regista internazionale con cui vorresti lavorare?

Tarantino, senza pensarci neanche un secondo. Credo sia il sogno di molti attori e di molti attrici. Poi io sono un grande appassionato dei suoi lavori, ho tutti i dvd, poi mio padre me li ha fatti vedere fin da subito.

Qual è la tua serie tv preferita?

Ho iniziato tanto tempo fa Peaky Blinders e ovviamente sto aspettando con ansia l’ultima stagione. Poi qui a Roma era andata di moda quattro/cinque anni fa e avevamo tutti il doppio taglio. Però la mia preferita ti dico che è True Detective che ho recuperato quest’anno perché durante il periodo delle riprese ho avuto il covid e quindi mi sono fermato e ho avuto il tempo di recuperare qualcosa che non avevo visto.

Qui di seguito un estratto video dell’intervista: